Lavori agresti a Lazzaro
Rito delle mandorle a Lazzaro
Nella foto Natino Alampi e la mamma impegnati con allegria nella pulitura delle mandorle.
Foto di Giovanni Benedetto
Pulitura mandorle
Nella foto da sinistra zio Santo Sgrò, zio Andrea Benedetto, Pietro Sgrò figlio di zio Santo
Per la raccolta si partiva al mattino presto verso i mandorleti presenti sulle colline vicine, muniti di lunghi bastoni e già all'alba cominciava il difficoltoso lavoro. Si scuotevano i rami, con i bastoni per far cadere le mandorle sui teli sistemati attorno all'albero o direttamente sul nudo terreno ripulito per l'occasione, si riempivano grossi secchi e poco alla volta si svuotavano nei sacchi per essere poi trasportati a valle dagli asini.
Giunti a casa le mandorle, con l'ausilio di un mattone, venivano sfregate contro il pavimento rustico di cemento per rompere la buccia esterna (quella di colore verde) che poi si eliminava manualmente. Le mandorle rimaste a questo punto solo con il guscio marrone legnoso si portavano ad asciugare sui tetti. Nello sgusciare le mandorle si trovavano anche quelle friabili, le cosiddette muddisce il guscio era talmente mordido che si poteva schiacciare con i denti. Queste seperate dalle altre, dopo l'asciugatura, si ponevano in particolari panieri per essere poi tostate e assaporate nelle feste invernali.
Cianciavano le donne e gli uomini discutevano del prezzo annuale delle mandorle. Le mani!… Graffiate, callose e annerite per il continuo sgusciare, impiastricciate dalla linfa attaccaticcia delle mandorle tenere. I bambini contribuivano, per poco tempo, chiedendo 100 lire per ogni secchiello di mandorle ripulite.